Caju

Salvador de Bahia, Brasile 2010

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Rientro a Salvador dopo quasi quattro mesi. Un nuovo appuntamento con Iansà – Santa Barbara. Seguiamo la processione di candomblè che si snoda fra le vie del Pelourinho. Ci perdiamo fra la folla che l’accompagna in silenzio e con devozione. Spiego ai miei sette studenti di non lasciarsi ingannare dai colori e dalla musica; gli suggerisco di concentrarsi sugli attimi fotografici che affiorano per poi perdersi quasi simultaneamente. La statua fa la solita sosta dentro la caserma dei pompieri che sbarrano l’entrata alla maggior parte dei devoti. Riesco a superare la barriera assieme ad alcune bahiane che sfoggiano i loro abiti da festa. Improvvisamente una di loro entra in trance e incomincia a girare vertiginosamente fino a perdere il controllo di se stessa cadendo con tutto il suo peso per terra. La fotografo e piango per l’emozione che questa epifania ha improvvisamente suscitato dentro di me. Iansà s’è rivelata con tutta la sua dolcezza, con tutta la sua forza. Mi sento privilegiato per avere vissuto e sentito questo momento anche se le foto saranno un disastro molto probabilmente. L’importanza, dico sempre ai miei studenti, è poter riuscire a palpare questa sensazione spirituale che pervade la festa. La processione torna fuori per le strade fra le sirene dei pompieri che con le loro pompe regalano ai presenti un refrigerio insperato. Scorrono anche fiumi di birra che si mescolano con il fumo della carne arrostita sotto il sole. Conduco i miei studenti in una balera fuori dal tempo dove la gente continua a festeggiare ballando al ritmo di melodie afro-brasiliane che una deliziosa orchestra strimpella dall’alto di un palco. Alcuni studenti stanno già ballando felici con improbabili compagni di danza. Ci perdiamo in questa atmosfera tutta bahiana per ore. Il workshop continua per altri 9 giorni dentro e fuori Salvador. Visitiamo gli amici della ex-fabbrica di cioccolata, i bambini dell’accampamento dei sem terra, i pescatori. I posti e la gente sono sempre gli stessi, ma le opportunità cambiano. Ad ogni nuova visita capisco sempre di più l’intrinseca bellezza della vita e la condivido coi miei studenti. Passiamo giornate indimenticabili alternando alle fasi di ripresa sessioni di editing lunghe e severe. Come sempre eliminiamo tantissimo. Cerco di spiegare che la fotografia di strada è così. So di essere molto noioso dicendo che mi sento orgoglioso delle foto de miei studenti, ma basta guardarle per capire che Baron, Birgit, Jean, Kerim, Liz, Margit ed Umit sono riusciti ognuno con le loro foto a raccontare simultaneamente le proprie emozioni e quelle dei loro soggetti. Dategli un’occhiata e forse capirete meglio cosa voglio dire.

EB

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